La storia segreta del cinema americano è quella dei piccoli prodotti popolari, cuore pulsante del vero classico hollywoodiano e colonna vertebrale del consumo pomeridiano tanto nelle metropoli quanto nei centri più periferici. In questi film, di solito conditi di commedia, humor macabro, orientalismo esotico e avventura, non si trovano grandi star o finanziamenti di primordine. Tuttavia, molte volte la vocazione minoritaria di queste pellicole diventa sinonimo di freschezza di idee, libertà compositiva, piacere anarchico della messa in scena, originalità di contenuti. Ghosts on the Loose ne è esempio lampante. Troviamo un divo del cinema dell’orrore di un tempo – Bela Lugosi -, un regista specializzato in film popolari e bizzarri – William Beaudine -, un cast noto per far parte di una serie di pellicole buffe e scanzonate – i cosiddetti East Side Kids -, e un’Ava Gardner giovane e ancora non del tutto affermata.
Gli anni Quaranta, per il cinema americano, sono quelli di Gianni & Pinotto contro i mostri assortiti della Universal, quelli del musical di serie B, quelli della serie sulla Mummia, quelli degli Stooges e del comico demenziale ante litteram, quelli della “smalltwon life” tesa a rincuorare l’America di provincia in un contesto di guerra, insomma sono gli anni del cinema che parla a una nazione profonda e inquieta, e che cerca di intrattenerla con gli aspetti di uno show cinematografico non privo di interesse e caratteri inediti, almeno per gli appassionati e gli storici.
In questo contesto nasce dunque Ghosts on the Loose. Si tratta di un film curioso, che dimostra – tra le altre cose – come la fusione e l’ibridazione di generi diversi sia consuetudine nota già all’epoca classica, e non un’invenzione di Quentin Tarantino o dei fratelli Coen.
In questo caso, a darsi appuntamento per un incontro tra opposti, sono l’horror, lo spionistico e la commedia. Il primo genere è “convocato” dalla presenza stessa di Lugosi. Il volto di questo immigrato ungherese dal vero nome di Bela Blasko era già noto all’epoca del muto grazie al sodalizio con Tod Browning, che poi lo diresse nel celebre Dracula del ’31. Come da più parti è stato sottolineato, quel film diventò il trionfo e al tempo stesso la condanna di Lugosi, che venne impiegato in decine di pellicole – comprese quelle di Ed Wood che Burton ha celebrato, con Lugosi, in un delizioso film dark -, sempre negli stessi ruoli (con l’eccezione della parte secondaria offertagli da Lubitsch in Ninotchka, 1931). Già dagli anni Quaranta, Lugosi è Lugosi, interpreta cioè un personaggio ambiguo e soprannaturale ma gioca con il pubblico sul suo divismo di genere. Questo film, infatti, avrebbe in un primo tempo dovuto intitolarsi East Side Kids vs Lugosi, tale era ormai la fama del magnetico attore dalle folte sopracciglia.
Lo spionistico rappresenta invece la dimensione più “thriller” della storia. Infatti, l’impresa di pulizie dei East Side Kids si reca a sistemare la casa appena acquistata dall’amico in viaggio di nozze, per fargli una sorpresa. Per errore, però, i confusionari impiccioni finiscono tra le mura dell’appartamento a fianco, noto per essere abitato da fantasmi. I quali, però, non sono reali spettri, bensì trucchi escogitati da nazisti per tenere lontano gli indesiderati e sfruttare l’abitazione come covo per i propri loschi traffici. Un elemento propagandistico, sia pure annacquato in questo divertissement per famiglie, si aggiunge perciò agli elementi principali.
Infine, la commedia. Gli East Side Kids sono un po’ come gli Stooges – altri artisti assai poco conosciuti in Italia – senza la vena distruttiva e irriverente dei tre. I loro bersagli sono più a portata di mano, il loro umorismo più circense che dadaista. Tuttavia, Ghosts on the Loose è un documento importante per accorgersi di un cinema americano sempre in contatto con le novità provenienti dai palcoscenici, del vaudeville di città e del burlesque di provincia. Gianni & Pinotto, come i fratelli Marx, sono tra i modelli degli East Side Kids.
In fondo, Ghosts on the Loose fa prevalere la dominante comica. Si può affermare che si tratti di una parodia, anche se non esiste un bersaglio preciso. Ad essere ridicolizzato è piuttosto tutto il sottofilone delle case stregate. La spiegazione razionale ad avvenimenti apparentemente soprannaturali è un classico dei film sulle “haunted mansions” e riporta a una tradizione teatrale (il Tartufo), del cinema delle origini (The Cat and the Canard di Paul Leni), e letteraria (dal gotico al mystery).
Botole, scalinate, refoli di aria fredda, tutto l’armamentario spettrale viene sciorinato dai nazisti capitanati da Lugosi alo scopo di allontanare i nuovi arrivati. Eppure, come tradizione vuole, gli East Side Kids in fondo sono troppo stupidi anche per avere paura, per cui – sebbene spaventati a morte – finiscono col resistere stoicamente (e stoltamente). Alcune gag sono decisamente irresistibili: ad esempio, la sequenza del ritratto, dove Bela Lugosi inganna i presenti sostituendo il proprio volto a quello della nobildonna incorniciata, salvo poi starnutire a causa della polvere. Qui l’attore dà prova di grande autoironia, scherzando sull’impassibilità del proprio viso e lasciandosi dolcemente prendere in giro dai coprotagonisti.
Meno memorabile, la filmografia di William Beaudine è però un must per chiunque voglia conoscere il lato meno celebrato dello studio system classico. Come si diceva, Beaudine rappresenta quello spettacolo popolare e squisitamente “B movie” che viene utilizzato per il “double bill” (il doppio spettacolo) nei cinema dove si proietta un film di serie A, o che successivamente viene presentato nelle matinée cinematografiche piene di ragazzini urlanti. Titoli come Lo scrigno orientale, Il serpente piumato, Billy the Kid contro Dracula, o Jesse James incontra la figlia di Frankenstein spiegano molto meglio di qualsiasi analisi in che fantasioso, bambinesco terreno ci muoviamo e aprono scenari tra l’esotico e il fiabesco, animati da una voglia irrefrenabile di divertirsi con i miti moderni della celluloide.
Il soprannome di Beaudine era “One-Shot”, ovvero “una sola ripresa”, prova della sua rapidità nel girare e dell’esperienza maturata. E’ ad artigiani come lui che, a ben vedere, si deve la solidità delle fondamenta hollywoodiane. Solo grazie a film puliti e professionali come Ghosts on the Loose un’industria può poi sorreggere sforzi economici per i generi maggiori e per i cineasti più esigenti.