Si è molto parlato, in questi giorni, di Il processo, una serie italiana che avrebbe dovuto costituire un esperimento per Canale 5 (e per Mediaset): innalzare gradualmente la complessità narrativa e stilistica della fiction per mettersi in linea con la serialità contemporanea e con alcuni progressi in tal senso della RAI. Per farlo, sono state arruolate alcune eccellenze del campo, tra cui Alessandro Fabbri in sede di scrittura (praticamente una certezza). Ma anche Stefano Lodovichi alla regia è una scelta che va nella medesima direzione.
Diciamo “avrebbe dovuto” perché i risultati in termini di ascolti sono stati a dir poco tiepidi. L’esordio della serie, prodotta da Lucky Red con Fiction Mediaset, è stato seguito da 2 milioni 138mila spettatori, con il 10,2% di share. E la seconda puntata non ha cambiato la situazione, tanto che la rete ha ridotto le serate, compattando gli episodi. E qualcuno parla già di fallimento, di pubblico troppo conservatore e troppo popolare, che del resto non può essere sballottato – nella stessa linea editoriale – da Non è la D’Urso alla serialità para-Sky. Ora, chi ha visto i primi episodi ha notato, certo, un lavoro fine se paragonato ad altre fiction di Mediaset, ma ben lontano dalla qualità e dalla libertà anche morale delle fiction di Sky. E quindi se è vero (non lo sappiamo dire, sinceramente) che a tenere lontano il pubblico è stata la difficoltà del prodotto, c’è davvero da preoccuparsi sull’utenza di Canale 5.
In ogni caso, appare chiaro che la televisione free tradizionale sta giocando una partita molto complicata sui contenuti narrativi seriali, e chi si occupa (come chi scrive) principalmente di estetica degli audiovisivi e di riflessione valoriale tende sempre a valorizzare l’innovazione, magari a scapito di una comprensione più ampia dei fenomeni legati alle industrie culturali e alle logiche produttive che alternano prototipi e riduzione del rischio di impresa. Tuttavia, ci permettiamo di sperare che non si chiudano qui le esperienze più innovative di Mediaset (a proposito: su Mediaset Play la fruizione è piuttosto farraginosa e muoversi dentro il testo è complicato dalla pubblicità – inevitabilmente presente, ci mancherebbe – e dal sistema in generale. Anche qui serve più cura).