Henry Fonda non sa bene dove mettere le gambe e per questo ha bisogno di spazio. Un uomo alto, magro, ma non impacciato. Gli piace sedersi e dondolarsi, qui e in famosi film successivi (primo fra tutti, Sfida infernale). In Alba di gloria è tutto un sedersi in posti improbabili, trovare uno strapuntino dove posare il sedere e trovarsi le ginocchia in bocca, camminare lentamente davanti alla corte di giustizia mentre interroga i testimoni, sdraiarsi appena può in un bosco o in un cortile. Il Lincoln che John Ford gli costruisce addosso ha poco dell’imitazione ritrattistica (anche se il naso posticcio di Fonda serve a ricordarne i noti tratti somatici) e molto dell’andamento dinoccolato e della prestazione corporea di un Fonda meraviglioso, al tempo stesso pigro e pugnace.
Come scrive Geoffrey O’Brien (lo ricorda il curatore della sezione su Fonda al Cinema Ritrovato 2020. Alexander Horwath): “Il Lincoln di Ford è l’immagine speculare del regista. Immagine ulteriormente rispecchiata dalla “straordinaria interpretazione di Fonda. La sua collocazione nello spazio, la sua distanza relativa da coloro che lo circondano e la sua dose di agio o disagio sono punti di riferimento costanti. Non riusciamo a togliergli gli occhi di dosso, eppure a momenti quasi scompare nella massa. La sua maturazione politica, quando affronta la folla che vuole linciare i suoi clienti, è compensata dai momenti in cui prende le distanze e guarda lontano o dentro di sé. Ogni punto di contatto e ogni perdita di contatto sono registrati con un’ipersensibilità elettrica, non da ultimo in scene che paiono immerse in una quiete pastorale”.
Come a dire che i formalismi della messa in scena e gli studi sul linguaggio classico vanno spesso a sbattere contro i nodi più particolare della significazione cinematografica e soprattutto della produzioni di effetti emotivi e nella costruzione dell’identificazione spettatoriale. Molto passa attraverso l’attore e la sua gestualità, o persino – nel caso di Ford e Fonda – attraverso una magnifica collaborazione basata su di un preciso progetto spaziale e recitativo.
Lo stesso Fonda racconta: “Non conoscevo Ford. Conoscevo i suoi film e gironzolavo sul set quando girava Ombre rosse. Me ne stavo lì davanti alla sua scrivania come un sottufficiale con il cappello bianco in mano, e lui era l’ammiraglio. Le sue parole suonarono all’incirca cosi: ‘Cos’è ‘sta stronzata che non vuoi interpretare Lincoln? Credi che sia quel cazzo di Presidente? È un giovane e inesperto avvocato di Springfield, Cristo santo’. Ed è così che mi minacciò e mi convinse”.