NINE PERFECT STRANGERS
David E. Kelley e Nicole Kidman al loro peggio. Se le prove precedenti del duo (Big Little Lies o The Undoing) riscattavano il kitsch di base con un sincero amoraccio per il divismo al tramonto e per le storie improbabili, questa volta non c’è nessun appiglio. Nove sconosciuti in una lussuosa SPA dove di misterioso c’è solo l’esperienza psicotropa che li costringe a fare i conti con se stessi: il motore narrativo più spento degli ultimi anni. Sarà l’algoritmo? Più probabilmente una confusione narrativa figlia di qualche vagheggiata allegoria sul Covid e l’isolamento tra gli umani. Dio ce ne scampi.
SPECIALINO MUBI
PURPLE SEA
Il concetto di “difficile da guardare” assume nuovi significati. Un’artista siriana, Amel Alzakout, cattura con una GoPro attaccata al polso la fuga per mare dalla Siria e il rovesciamento della sua barca. Un’ora e dieci di suoni terrificanti (le urla dei disperati, molti dei quali in procinto di morire; l’acqua ovattata) e di parole fuori campo dette a posteriori. I colori sono due, l’arancione dei giubbotti di salvataggio e il blu del mare, indifferente e assassino. Strumenti estetici sarebbero fuori luogo (può essere “bello” questo film?) ma l’esperienza politica e artistica va oltre i confini conosciuti. Da confrontare con la finzione – ma altrettanto fisica – di Europa di Haider Rashid.
MALMKROG
Formidabile processo cinematografico verbocentrico e volutamente logorroico del sempre più teorico Cristi Puiu. Ambientato nella Transilvania di inizio XX secolo, presso il maniero innevato di un aristocratico, mette a confronto figure simboliche e ragionamenti sul continente prima che le due guerre mondiali lo sconvolgano. Sopra c’è una superficie di discorsi artistici, letterari e politici incessanti e sotto una violenza di classe e una nevrosi sociale incontenibili. Una macchina intellettuale e densissima di tre ore.
I WAS AT HOME, BUT
La cineasta tedesca Angela Schanelec non piace a tutti. Questo film, poi, presentato a Berlino 2019, è stato ferocemente odiato dai più – non esclusa una nicchia cinefila. Eppure, la sua protagonista persa a se stessa e al mondo, che si dona al film, allo spettatore e agli interlocutori con la privazione assoluta di ogni diaframma o schema sociale, è a suo modo commovente e senza pelle. Gli animali affiancano gli umani, per lo più predano o guardando fuori da una finestra, impossibilitati ad essere curiosi (come invece fanno nel cinema di Frammartino). Poco descrivibile e perciò urticante.