In La diva – The Star di Stuart Heisler del 1952, proiettato al Cinema Ritrovato 2020 – c’è questa meravigliosa scena di Bette Davis, attrice in declino, che afferra il suo Oscar, lo mette sul lunotto della macchina, e comincia a guidare bevendo smodatamente. Il film non è gran che e non riesce a pareggiare Viale del tramonto (e a Bette Davis deve essere dispiaciuto, persino in una sfida su personaggi di dive in crisi), però possiede alcuni assoli eccezionali. Come questo.
Ne scrive molto intelligentemente Ehsan Khoshbakht: “Girato in ventiquattro giorni, il film è ben articolato ed esplora alcuni dei temi prediletti di Heisler, come il conflitto tra maternità e carriera (Smash-Up; Tulsa) e l’esclusione da un mondo, quello dello spettacolo, che è stato al centro di sogni e sacrifici (Smash-Up). I personaggi vanno alla deriva fino al limite estremo prima di fare ritorno, feriti ma lucidi (si veda anche Journey into Light). Heisler mette a nudo le emozioni, rendendo i personaggi ancora più vulnerabili di quel che sono. A prevalere è il linguaggio del melodramma, portato qui quasi alla perfezione, ma il vagare disperato nella notte e il bussare affranto alle porte richiamano anche la logica del noir”.
Straordinario il momento in cui Bette Davis guarda se stessa nei giornalieri dopo aver testardamente chiesto di poter cambiare la propria recitazione e ringiovanito il personaggio che doveva interpretare. La donna si accorge di quanto è inappropriata e smorfiosa sullo schermo e piange se stessa. Il film, poi, è di maschilismo quasi accanito, dando alla donna un’unica via d’uscita: le braccia di un marito stabile.