Come di consueto la rubrica “In poche righe” affronta alcuni film attraverso rapidi lampi critico-interpretativi.
SCOMPARTIMENTO N. 6
Tratto da un fortunato romanzo di Rosa Liksom di dieci anni fa, il film di Juho Kuosmanen ha vinto il Grand Prix speciale della Giuria a Cannes 2021, aumentando i dubbi su quel palmarès (ci eravamo già lamentati dell’attenzione posta a La persona peggiore del mondo). Il road movie tra sconosciuti (lui e lei, non eteronormativi) sullo sfondo di una natura nordica estremamente fotogenica – al solito – percorre ambiti piuttosto prevedibili. A circa metà film, chi mastica un po’ di formule sceneggiatoriali sa scrivere su un fazzoletto di carta quel che avverrà dopo. Si è scritto che c’è aria di Linklater. Magari! Manca, del grande regista americano, tutta quella palpitante capacità di stare allo stesso tempo con un piede dentro lo stile-Sundance e con l’altro dentro un atmosfera vague fatta di continue accensioni e spegnimenti emozionali. Comunque Scompartimento n. 6 è utilissimo in aula: è infatti un esempio matematico di quel che si definisce “film da festival”.
TICK, TICK… BOOM!
Produzione con i contro-c..rismi per questo musical Netflix, prima regia della star Lin-Manuel Miranda di Hamilton (e altro). Biografia giovanile del compositore di Rent (Jonathan Larson, morto prematuramente all’apice del successo), ha come mattatore Andrew Garfield, più generoso e frenetico che perfetto. Attenzione: è un musical dove di fatto non si balla. Si canta soltanto, e si cantano le belle canzoni del musical del titolo e di quello precedente, rimasto inedito ma poi confluito nel secondo. Se non avete capito la frase appena scritta, è perché tutto il film gioca sull’idea di un meta-musical inscatolato, dove le storie altro non sono che adattamenti e re-framing di un unico flusso di creatività. Si astengano i Broadway-fobici, perché qui rischierebbero una fastidiosa orchite. Gli amanti invece troveranno cose buone e meno buone, con un approccio comunque onesto.
RED NOTICE
Ancora Netflix per uno dei film più stroncati del mondo. E chi potrebbe dire che è “bello”? Non può certo esserlo nel senso del bello spielberghiano o zemeckisiano (viste le citazioni da Indiana Jones e Pietre Verdi varie), perché i tre protagonisti sono uno più ingessato dell’altro e lo spy-action internazionale non possiede nessuna intima cinefilia grossier. Detto questo, è il film più visto della storia della piattaforma, il più costoso, e si affianca a Tyler Rake, 6 Underground, Spenser Confidential in quell’autorialismo vulgar e in quella ricerca quasi cocciuta di uno spettacolo popolare scervellato che interessa noi teorici – magari meno lo spettatore di bocca raffinata. Rispetto a Michel Bay o Sam Hargrave, però, Rawson Marshall Turber non sembra nemmeno avere la passione per la distruzione totale o per la sequenza spettacolare come filosofia del pericolo oculare. Peccato.
IL VISIONARIO MONDO DI LOUIS WAIN
Esce direttamente su Prime Video la biografia dell’omonimo artista vissuto a in Inghilterra tra Otto e Novecento. Era un tipo stravagante ed ebbe un enorme successo nell’illustrazione popolare disegnando gatti antropomorfizzati – non arrivando al punk di Fritz the Cat ma lasciando loro qualche strana inquietudine anticoloniale negli occhi. Al regista Will Sharpe è sembrata una buona idea arredare e riprendere il mondo britannico di quegli anni come se fosse visto in parte dallo sguardo artistico di Wain e in parte da un gusto pre-lisergico. Ma l’estetica è da feuilleton BBC d’antan e a nulla vale la performance di Benedict Cumberbatch (su cui andrebbe aperto un discorso, visto che alterna ruoli intensamente riusciti ad altri deboli in modo deprimente). Che cinema è questa roba qui? Uno streaming di lusso per domeniche pomeriggio? Un film d’essai capitato sulle piattaforme in epoca di vacche magre? Un ennesimo esempio di come qualsiasi prodotto è ormai un pezzettino di uno specchio senza forma?
SIR GAIWAN E IL CAVALIERE VERDE
Come accade sempre nell’epoca dei social, questo strano esperimento di David Lowery (regista davvero curioso, nei due sensi dell’aggettivo – curioso lui alla ricerca di forme inconsuete, e curioso per noi come personaggio) ha prima ricevuto lodi sperticate e poi affrontato uno shit-storm epocale. In verità, questo coraggioso recupero di una leggenda minore legata al ciclo arturiano ha sicuramente alcuni meriti, a cominciare dal fatto che la quest magico-folcloristica è portata avanti da un cavaliere inadeguato, che sbaglia tutto ciò che può sbagliare e che per correggere i propri errori deve compiere il sacrificio più grande. Passare due ore a vedere i fallimenti di un “viaggio dell’eroe sbagliato” è abbastanza folle da suscitare simpatia, sicuramente più degli elementi visionari e boormaniani – non sempre all’altezza. C’è poi una serie di allegorie e rimandi che bisogna scovare sul web, perché (a meno che non siate espertissimi della letteratura bretone e dei suoi significati) sfugge inspiegata. In Italia direttamente su Prime Video.
THE VOYEURS
Sempre su Prime Video circola da alcune settimane questo thriller erotico che si vorrebbe rifare, più che a Hitchcock (con citazioni puerili da La finestra sul cortile e La donna che visse due volte), ai suoi epigoni anni Ottanta – tra Verhoeven e De Palma. Quel che ne esce è un Zalman King 2.0, con patinate porcherie miste a una trama mystery senza capo né coda. Spiace per Sydney Sweeney, prorompente e seduttiva come altre volte, cui si spera che un errore del genere non pregiudichi la carriera.