Visioni Riflessioni Passioni

IL PIACERE DEL CINEMA E DELLE STORIE CHE CI RI-GUARDANO

Come di consueto la rubrica “In poche righe” affronta alcuni film e serie TV attraverso rapidi lampi critico-interpretativi. 

PLEASURE

Pleasure Trailer: Ninja Thyberg Skewers LA Porn Industry in Neon Film |  IndieWire

Molto chiacchierato fin dalla sua presentazione al Sundance, rilanciato dal Biografilm di Bologna e ora giunto in distribuzione esclusiva su MUBI, il film di Ninja Thyberg è dedicato al mondo del porno. Come se non esistessero le trasformazioni digitali e del porno amatoriale, la storia potrebbe essere serenamente ambientata anche 30 anni fa (esclusa la presenza dei social media). Il punto di vista che ci guida, come in tanti meta-film sul mondo dello spettacolo, è quello di una giovane donna in cerca di carriera. L’obiettivo è narrare i meccanismi di potere del set e del capitalismo pornografico, dove persino gli organi genitali sono power dress. Thyberg perde l’occasione per riflettere sull’immagine del corpo nel porno, tranne forse nella straordinaria sequenza dell’hard estremo dove due uomini, gentilissimi fuori scena, appena scatta il ciak la brutalizzano in tutti i modi. Se il porno è finzione attraverso la realtà organica, che cosa ne è dello stupro messo in scena attraverso l’umiliazione dell’attrice? Il consenso è sufficiente per evitare una violazione? Forse il porno ci sta parlando di #metoo? Avremmo voluto saperne di più.

HUSTLE

Hustle, il film più serio sul basket è quello con Adam Sandler | Wired  Italia

Il sottogenere “basketball movie” sfonda ovviamente porte aperte tra gli appassionati. Ma anche i cinefili apprezzano, anche perché ci si sono misurati autori come William Friedkin, Spike Lee, Steven Soderbergh. Ultimamente, anche grazie a serie e docu-serie di successo, l’elemento del capitalismo NBA e dei simboli della franchigia sono prevalenti. Unisce umanesimo americano e storia di redenzione il nuovo film “serio” con Adam Sandler, meno urticante di Uncut Gems (dove pure si parlava molto di basket, per traverso), ma con grandi opportunità recitative. Certo, il cliché del loser innamorato del gioco ben oltre l’avidità dei nuovi padroni, legato ai tycoon d’un tempo (fenomenale Robert Duvall), rappresenta un frappé di retorica quasi irricevibile. Ma c’è tanta roba che seduce, tanta passione, tanta sana malinconia, e alla fine – visto anche il livello medio dei lungometraggi Netflix – l’arresto e tiro entra nel canestro senza nemmeno l’aiuto del tabellone.

CHA CHA REAL SMOOTH

Cha Cha Real Smooth: The feel-good comedy that could be the crowd-pleasing  hit of the year | The Independent

Dopo aver acquisito, con lungimiranza, i diritti su Coda (poi premiato immeritatamente con l’Oscar) Apple+ sta alzando quantitativamente l’offerta e continua a pescare dal Sundance con il secondo film del giovanissimo Cooper Raiff. Regista, sceneggiatore e attore protagonista di questo tipico racconto di formazione sbilenco con elementi mumblecore, Raiff passa da next big thing a realtà presente. Che cosa distingue Cha Cha dall’over-produzione di storie d’amore malinconiche e imperfette di tanto cinema indie di questi anni? Assolutamente nulla. E allora perché funziona? Per la dedizione nel non concedere troppo alle aspettative feel good del pubblico, per la sottovalutata e bellissima Dakota Johnson, per un senso di inadeguatezza che salta fuori con minor packaging intellettuale di quello cui siamo abituati.

THE PRINCESS

THE PRINCESS (2022) UK Movie Trailer: Ed Perkins' Deep-dive Documentary on  Princess Diana | FilmBook

Lady D. Ancoraaaa? Ebbene sì. Ormai mitologema contemporaneo di una celebrity che evidentemente manca a molti e delinea ante litteram i processi mediali del presente, Diana Spencer è stata osservata in molti modi. Dopo il feroce racconto di esclusione di The Crown, dopo l’analisi interiore della clausura spazio-temporale di Spencer, The Princess lavora su un montaggio serratissimo di soli filmati editi. Potrebbe essere Asif Kapadia e invece è Ed Perkins. Lavoro d’archivio e di montaggio naturalmente da elogiare, ma il documentarista manca clamorosamente il bersaglio del significato. Il ronzio dei media intorno a Diana restituisce un’ossessione senza spiegarla, ci offre una goffaggine invece di un capro espiatorio, ci racconta di mostri che si mettono in posa, e mostra un’opinione pubblica pre-social network senza darle una soggettività. Quindi se vi chiedete che necessità c’è di un altro film su Diana, la risposta è una sola: only for fans.

MR. LANDSBERGIS

Recensione: Mr. Landsbergis - Cineuropa

Non so se Sergei Loznitsa possa essere ormai considerato il miglior documentarista vivente. Certo è che questo suo ultimo lavoro – presentato a Biografilm 2022 e si spera in futuro distribuito in qualche modo dalle nostre parti – ne conferma la forza impressionante. Le 4 ore che ricostruiscono meticolosamente il processo di indipendenza lituana dalla Russia sono eccezionali. Dire che sono tempestive sarebbe al tempo stesso vero e riduttivo. L’ossessione di Loznitsa intorno all’ex impero sovietico è palese, ma il modo di affrontarla (con un atteggiamento archivistico e militante, mix apparentemente impossibile) evita qualsiasi ambiguità. E così assistere a sequenze che al solo nominarle farebbero pensare al sonno istantaneo (lunghe discussioni tra partiti filo-sovietici e partiti indipendentisti del parlamento lituano: provate a proporre quest’ultima frase a un amico non cinefilo) diventa un’esperienza trascinante: la Storia, oltre le bombe, è ideologia che si nutre di burocrazia. La Lituania trionfa? Solo fino a ieri.