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Tag: Guillermo Del Toro

DI MOSTRI, CREATURE E DELITTI

Come di consueto la rubrica “In poche righe” affronta alcuni film e serie TV attraverso rapidi lampi critico-interpretativi. Questa volta ci addentriamo in alcune produzioni molto oscure dello streaming di queste settimane.

FRANKENSTEIN

Il problema dei film su Frankensitein non sta nella loro numerosità (o non del tutto), e neppure nella difficoltà ad evitare l’effetto-parodia di Mel Brooks (spartiacque decisivo). Il vero limite è che le metafore innescate dal “mostro” sono ormai ovvie e risapute; trasformarle in qualcos’altro si dimostra sempre complicatissimo. Del Toro imposta un racconto attuale, dove Victor è un privilegiato che sfrutta le guerre e la carne da cannone per i suoi fini morbosi, come fosse un Musk ante litteram. Poi però la suggestione si inceppa, e la “presa di parola” della Creatura, con il punto di vista narrativo, rinuncia al politico per il patetico, cancellando involontariamente il ritratto del “fascio-scienziato”. Si salva una certa inventiva gore. Molto meno il barocco di Del Toro, depotenziato dall’estetica streaming.

IL MOSTRO

Mostri più reali, quelli (al plurale?) di Firenze. Stefano Sollima decostruisce tutte le attese (e ottiene musi lunghi più che applausi) “mostrificando” l’Italia intera. Si stava meglio nella buona vecchia nazione pre-social media e pre-populismo? Per nulla: un Paese violento, guardone, arcaico, sessuofobo, misogino, dove i comportamenti dentro quattro mura o in piazza erano solo l’anticamera di una storia orribile e maniacale. Nessun attore famoso, un “presepe” visivo che viene insanguinato ad arte, un puzzle che si compone piano piano, di punto di vista in punto di vista (in attesa di una prossima stagione). Forse con Sollima e Mezzapesa stiamo trovando il modo di reinventare a modo nostro il genere true crime.

MONSTER – LA STORIA DI ED GEIN

Complementare la scelta di Ian Brennan (e del “brand” Ryan Murphy) su un mostro altrettanto letale. Qui il serial killer archetipico viene raccontato dall’interno, senza che ci sia il minimo dubbio sulla sua identità. La morbosità anatomica giunge a livelli forse inediti per Netflix, mentre lo spettatore oscilla tra (molti) dubbi etici e ammirazione per l’affresco da incubo. Sebbene non convincano né le tesi di Ed Gein come prodotto dell’America oscurantista, né quella di Ed Gein come icona pop per un pubblico affamato di orrori (una specie di meta-discorso sullo spettatore del true crime), entrambe sono intriganti. E quel dopo-guerra USA sottratto alla caramellosa rappresentazione nostalgica per farne uscire l’anima nera, diffusissima, non è poi così frequente da vedere.

GOOD BOY

No, non è la soggettiva di un cane; è il punto di vista di un cane (attraverso un misto di semi-soggettive e oggettive, primi piani e steadicam a precedere o seguire). In ogni caso, una scelta inedita per l’horror, sempre in cerca di approcci sorprendenti al dispositivo, come la POV-mania di qualche tempo fa o la soggettiva dello spettro in Presence. Interessante, in questo film distribuito direttamente in streaming, la sfida di farci negoziare tra ciò che sappiamo dei cani e ciò che crediamo di sapere dell’animalità. Anche perché il finale, oltre a colpire, chiede di riprocessare tutto ciò che abbiamo visto. Non solo per spiegazione narrativa ma proprio perché smonta la presunzione specista del nostro sguardo.

TASK

Sarà forse esagerato fare politique des auteurs su Brad Ingelsby, ma con Omicidio a Easttown e questo Task (da lui ideati), più la sceneggiatura dell’altrettanto recente The Lost Bus, si intravede una linea ben precisa: lavoro sui generi che non rinuncia a una profonda descrizione di piccole comunità e nuclei famigliari. Qui, complice un Mark Ruffalo splendidamente appesantito e affaticato, il dato noir (omicidi che hanno stravolto i sopravvissuti, motociclisti criminali, faide e vendette) si stempera nell’umanesimo che già aleggiava nella serie con Kate Winslet – anche se qui forse manca un personaggio del suo carisma. Tanto basta, comunque, a confermare tuttora HBO come habitat naturale delle mini-serie di prestigio fatte bene.