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PORDENONE DOCS FEST – LE VOCI DELL’INCHIESTA 2020

E anche l’intensissimo festival di Pordenone si avvia alle sue ultime ore, dopo un’edizione in streaming con una scelta diversa dalla maggioranza degli altri, cioè offrire i film a pagamento su una piattaforma dedicata con una serie di incontri e approfondimenti gratuiti, e un rapporto privilegiato con le audience studentesche. Si tratta di una manifestazione molto cresciuta negli anni, oggi dotata di un gran numero di anteprime nazionali e di una selezione documentaria decisamente di livello.

Nell’offerta al solito molto ricca e densa dei festival novembrini che abbiamo cercato di seguire, Le voci dell’inchiesta coglie nel segno soprattutto nelle linee interne alla selezione. Pensiamo, per esempio, al tema del fascismo. Oltre alla sempre benemerita riproposizione di capisaldi come All’armi siam fascisti e Pays Barbare – in qualche modo già pienamente nella storia del documentario militante e del documentario sperimentale d’archivio – nel programma (visibile solo in chiusura e senza repliche) spicca la nuova versione digitale di Fascista (1974) di Nico Naldini, film raro e perduto.

Il tema del fascismo, però, si affaccia anche nelle novità, a cominciare dall’appassionante studio – pieno di documenti cartacei, iconografici e fotografici – All Againist All di Luuk Bowman, in cui si ricostruisce meticolosamente la parabola del fascismo olandese, tutt’altro che nota persino all’interno della storiografia nazionale (la vulgata del singolo partito fascista collaborazionista con l’occupazione nazista viene smentita dall’attività editoriale e propagandistica di molti gruppuscoli e movimenti nazionalisti e filo-mussoliniani degli anni Trenta).

E c’è spazio anche per il neo-fascismo, o per il sovranismo se si preferisce. L’ottimo La cravate di Étienne Chaillou e Mathias Théry narra senza pregiudizi la vita quotidiana di un giovane militante di provincia del Front National di Marine Le Pen. Narrato come un personaggio di finzione che riflette sulla stessa narrazione che gli autori scrivono per lui, il documentario ha il merito di spiegare il tessuto sociale frustrato e piccolo borghese del nazionalismo lepenista, e l’apparente “normalità”, talvolta anche carrierista, dei giovani candidati in cravatta delle piccole città francesi. Impressionante, però, scoprire che il protagonista ha quasi portato a termine il progetto di una strage scolastica, per poi pentirsi e “assorbire” la sua rabbia nel Front National.

Non c’è spazio per citare tanti altri titoli – dagli struggenti omaggi ai propri genitori colpiti dalle malattie di almeno due film (The Journey e Our Time Machine) ai documentari sul cinema (acuto e utile lo scavo sul documentario sexy di Mario Sesti in Mondo Sexy) – ma la percentuale di opere interessanti sul totale è decisamente rimarchevole.