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Tag: Rodrigo Sorogoyen

NEBULOSE DI CINEMA IN TRANSITO

Come di consueto la rubrica “In poche righe” affronta alcuni film e serie TV attraverso rapidi lampi critico-interpretativi

MON CRIME

Per Ozon il cinema è una pratica infinita, un film all’anno (come minimo) e l’ossessione per la mutazione radicale di stili, forme, narrazioni a ogni progetto. Qui si torna a Feydeau, alla commedia lubitschiana, al gioco di maschere talmente lieve da insospettire: e infatti il tema del femminile e della violenza sessista del mondo dello spettacolo emergono in modo beffardo, in mezzo alle buffonerie e alla gazzarra, cosicché chi vuol capire capisca. Sempre interessante in ogni sua operazione.

AS BESTAS

Tocca ridimensionare, ma solo un po’, l’acclamato folk thriller di Sorogoyen. Regista dotato, in gamba, lucido purché lo si tratti con gli strumenti giusti, un autore cinefilo che piega i generi a modo suo e non certo il nuovo filosofo della violenza o dei conflitti contemporanei. Qui, pescando un po’ da Peckinpah e un po’ dal nero francese, conduce una sfida serrata aggiornata alla guerra tra poveri del capitalismo contemporaneo. Ecco ciò che rende As Bestas diverso da Il vento fa il suo giro, che – insieme a I padroni di casa di Gabbriellini (migliore però di questo Sorogoyen) – costituisce un po’ una trilogia delle comunità impermeabili al “nemico esterno”.

NOVEMBER

Il tesissimo racconto politico-terroristico di Cédric Jimenez è un film che serve come il pane al cinema europeo contemporaneo per almeno due motivi. Il primo è che mostra, fuori dal polar contemporaneo (di cui è peraltro ottimo esponente) come si spettacolarizza un trauma nazionale attraverso gli stilemi dell’action metropolitano, narrato e montato a rotta di collo. Il secondo è che apre la via a un cinema di “patriottismo critico”, non lepenista ma nemmeno progressista, che si situa dalla parti di Bigelow, ovviamente senza (ancora) arrivare a quelle vette.

PASSEGGERI DELLA NOTTE

“Quei film che in Italia non sappiamo fare…” ecc ecc. La formula è antipatica e retorica ma rende l’idea. Se Ozpetek o Luchetti facessero regolarmente pellicole come questa (o se il cinema italiano potesse costruire personaggi femminili così) avremmo un cinema medio-autoriale più appassionante. Proprio il fatto che il cinema francese ne sforna a decine ogni anno ridimensiona paradossalmente I passeggeri della notte che tuttavia seduce con una Charlotte Gainsbourg clamorosa e con momenti mélo molto puri, molto riusciti, caldi come la voce radiofonica notturna di Emmanuelle Béart.

L’INNAMORATO, L’ARABO E LA PASSEGGIATRICE

Sono sinceramente imbarazzato a riportare qui sopra il titolo italiano (come può venire in mente? sarebbe ironico? bah). Detto questo, il lunare ménage a trois – dove il tre cambia sempre, perché i personaggi sono tanti ma ce n’è sempre uno di troppo – di Alain Giraudie ha dalla sua un erotismo buffo, un’osservazione perfida della Francia contemporanea e un gusto per l’assurdo tali da perdonarne le fragilità. Va preso nel modo giusto, una poesiola molto corporea, senza puntare al capolavoro né alla pochade.

LA CASA – IL RISVEGLIO DEL MALE

Si riparte da una voragine, come nel precedente (discreto) Hole – L’abisso di Lee Cronin, regista irlandese che qui è chiamato a rinnovare l’estremismo gore della saga. Lo spirito originario però non era garantito dalle dosi di raccapriccio ma dall’atteggiamento fantasmagorico e quasi comico di Sam Raimi, la cui energia esplosiva negli spazi claustrofobici di una casa è qui emulata con risultati piatti e soporiferi. Di ironia neanche l’ombra, di soluzioni brillanti alle fantasie di smembramento se ne contano pochine. Ma quanto sta male il mainstream horror? Reagire prima che il coma diventi irreversibile.

COCAINORSO

E alla fine, se pop grandguignol dev’essere, meglio di gran lunga Elizabeth Banks con il suo orso strafatto di polvere bianca. Il film è abbastanza spiazzante perché non la butta totalmente in caciara ma perde tempo a descrivere personaggi tra serio e faceto e costruendo una storiella tutto sommato divertente. Con uno spirito “landisiano” (pur senza lontanamente avvicinarsi al Lupo mannaro), facezie anni ’80 e momenti splatter si alternano con sano atteggiamento di consapevole svacco. Del resto, con un titolo di questo tipo, uno spettatore non può certo lamentare di essere stato ingannato sul tipo di film che gli è capitato davanti.

SUPERMAN

Torna in sala per il centenario Warner Bros. il primo grande Superman dell’era moderna, quello con l’indimenticato Christopher Reeve (ancora più perfetto come Clark Kent che come supereroe) e con i mostri sacri Marlon Brando, Glenn Ford, Gene Hackman. Per quanto obsoleto e un po’ acciaccato dall’età, il lavoro di Donner è pienamente riuscito e ha influenzato una generazione, facendo da base ad alcune rinascite più recenti (in primis quella ideata da Bryan Singer), ma ancora lontano dalle cupezze DC Universe. Merito di un giusto spazio alla commedia sentimentale e al divertimento puerile, che Superman deve saper garantire.

IMMAGINI GLOBALI DALLA TERRA ALLA LUNA

Come di consueto la rubrica “In poche righe” affronta alcuni film e serie TV attraverso rapidi lampi critico-interpretativi.

APOLLO 10 1/2

Apollo 10 1/2: A Space Age Childhood - La recensione

Di nuovo alle prese con l’animazione al rotoscopio, l’impagabile Richard Linklater (che ancora gode di uno “scalino critico” più in basso di quel che merita) offre uno strepitoso catalogo di gioventù che si intreccia con la fantasia adolescenziale di un ragazzo che immagina di andare sulla Luna. L’intreccio sorprendente tra ucronia e nostalgia offre un impatto melanconico e umoristico di rara ispirazione, ma soprattutto la prima ora – dove lo srotolamento dei ricordi, degli oggetti, dei materiali mnestici diventa torrenziale – è grande cinema a tutti i livelli.

GLI AMORI DI SUZANNA ANDLER

Gli amori di Suzanna Andler - Film (2021) - MYmovies.it

Sul nuovo numero di Film TV (numero 16, 2022), l’amico Pietro Bianchi spiega dettagliatamente perché Benoit Jacquot è un signor cineasta. Letto tutto l’articolo, devo dargli ragione. Eppure ho fatto una enorme fatica a scalare questa montagna, pièce in unità di luogo tratta da uno scritto poi in parte ripudiato di Marguerite Duras. I tormenti, più che gli amori, di Suzanna sono tutti didascalici e i “récadrage” della messa in scena ovvii e noiosissimi, e il gioco delle parti – con sorprese – non è sorprendente. Abbiamo rimpianto La voce umana di Almodóvar.

C’MON C’MON

C'mon C'mon - Film (2021) - MYmovies.it

Qui c’è un bel problema di discorsi critico-estetici. Ovvero: questo è chiaramente un film hipster, modaiolo, furbastro, col bianco e nero fighetto, ecc ecc. Ma siamo certi che sia il giusto punto di vista? Quando diciamo che ormai il cinema “indie” è un genere, perché poi non lo giudichiamo con il metro del genere? Se nei film action ci sono gli inseguimenti e gli scontri, nel cinema “indie” c’è il bianco e nero, c’è Joaquin Phoenix, c’è la meta-riflessione sul documentario, c’è tutta questa roba qua. Quindi come “film di genere” C’mon C’mon funziona o no? Secondo me sì.

SUNDOWN

Sundown, in anteprima il trailer ufficiale del film con Tim Roth e  Charlotte Gainsbourg

Non ho ben capito perché Michel Franco sia così bersagliato. Di Nuevo Orden alcune recensioni non avevano nemmeno capito la trama della seconda parte del film, eppure era un (rozzo) esempio di pamhplet sulla simmetria del populismi dal basso e dall’alto con elementi intriganti di costruzione narrativa. Questa lenta disgregazione morale di un riccastro nella dark side di Acapulco è probabilmente un film di Ulrich Seidl senza la dimensione corporea e antropofagica del cineasta austriaco. Ma Franco continua ad essere un regista interessante e i suoi apologhi meritano una qualche riflessione.

CALIFORNIE

CALIFORNIE | Biglietti omaggio per il cinema Tibur di Roma - MovieDigger

Non ricordo un momento così ricco per il cinema italiano piccolo e piccolissimo quale quello degli ultimi anni. Anche Californie spicca in un panorama di micro-cinema di assoluto valore. La storia di una ragazza di origine marocchina, seguita dalla mdp per alcuni anni (dai 9 ai 14), in un impasto tra documentario e finzione, che per una volta è frutto di scelte lunghe e consapevoli, colpisce e commuove. Lo sbertucciato cinema del reale in verità continua a rivelarsi un caleidoscopio di progetti in cui convivono talvolta velleitarismi ma anche, come in questo caso, progetti intensi e riusciti.

UN FIGLIO

Un figlio (2019) di Mehdi Barsaoui - Recensione | Asbury Movies

La formula è quella “farhadiana” che sta diventano un modello: scelte drammatiche che mettono in conflitto il singolo e l’istituzione (o il dispositivo sociale) con svelamento progressivo di tracce oscurantiste nel vissuto dei protagonisti. Mehdi Barsaoui traspone la strategia nella Tunisia del 2011 – con tutto quel che comporta – e scolpisce un melodramma matarazziano raffreddato cui purtroppo manca proprio il coraggio di farsi fiammeggiante, rimanendo inchiodato nei moduli del cinema d’essai e del film “da discussione”. Peccato per Sami Bouajila, al solito enorme.

UNA MADRE, UNA FIGLIA

“Una madre, una figlia”, un film toccante su un legame sacro (e  indissolubile)

Scene di patriarcato in Ciad. Mahamat-Saleh Haroun racconta “femmine folli” orgogliosamente indipendenti in posti in cui sarebbe meglio non esserlo. La sottile linea tra “terzo cinema” didattico e cinema-cinema è risolta a favore di questo film grazie a elementi di pura messa in scena. Bastano l’inizio e la fine. La prima scena del lavoro manuale sulla gomma è strepitosa, materica, onesta. Il momento “revenge” è labirintico, duro, secco come il colpo del bastone che schiocca sulla testa. Qua e là poi le cose funzionano meno, ma con un atteggiamento cinematico di questo tipo perdoniamo tutto.

GRANCHIO NERO

Granchio nero (2022) - La recensione del film su CinemaLux

Action fantascientifico svedese con l’onnipresente e tostissima Noomi Rapace. Siamo in un futuro “ucrainizzato” con una guerra devastante che ha ridotto il Paese in macerie. Una combattente va in missione semi-suicida sui ghiacci con la speranza di incontrare la figlia strappata dagli invasori. Lasciando perdere ogni riflessione in materia, Adam Berg imbastisce un’avventura fin troppo lunga con alcune idee formidabili e con dignità assoluta per il genere europeo. Sia la guerriglia urbana sia la lunga parte su pattini sono da applausi. Poi sbraca, ma è un piacere (e in Italia si potrebbe fare?).

ANTIDISTURBIOS

Antidisturbios - Delitto e Castigo al TFF 2020 - ArteSettima

Arrivata a sorpresa su Disney+, la serie di Isabel Peña e Rodrigo Sorogoyen (sempre più interessante come autore contemporaneo) ha già fatto il pieno di elogi. Ci accodiamo, notando l’ossessione di Sorogoyen per la corruzione in Spagna, e notando come i problemi dei corpi di polizia – volgarmente, i celerini – siano simili dappertutto. Vincente l’idea di promuovere a protagonista una giovane donna (Vicky Luego, un grumo di bellezza e tensione), e vincente l’idea di guardare al vulcano sociale di oggi come a un conflitto tra persone troppo abituate a scontrarsi per capire il male che fanno ai presunti nemici. L’indagine convince meno dell’affresco ma è un dettaglio.