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“The Report” e le strade dell’indagine politica

Non è sorprendente che il film The Report – da poco visibile su Amazon Prime Video, dopo una fugace apparizione in poche sale di prima visione – porti quasi lo stesso titolo della nota trasmissione di Rai Tre. Oltre a insegnare la pronuncia corretta di quest’ultima (almeno per chi guarda il film di Scott Z. Burns in originale), il racconto tratto da una storia vera spiega quanta fatica e quanta dedizione, al limite dell’ossessione, servano per costruire un rapporto dettagliato e completo. Di Report, reso famoso da Milena Gabanelli e ora condotto da un giornalista come Sigfrido Ranucci (che ha tratti di passione civile non dissimili da come viene rappresentato l’indagatore interpretato da Adam Driver), sappiamo che ha un gruppo di ricercatori tosto e affidabile. Per produrre rapporti degni di questo nome.

Ma le cose spesso si complicano. Report di Rai Tre ha come filosofia quella di dubitare delle verità ufficiali, mettere in questione le prassi su cui si organizza il mercato, vigilare su come l’amministrazione pubblica usa i nostri soldi, denunciare truffe e raggiri. Con tanti obiettivi ogni settimana, Report fa il contrario di The Report, dove un’unica, mostruosa bugia (fingere che le torture della CIA su presunti terroristi non fossero torture) è al centro della detection e deve essere svelata, così come i depistaggi successivi alla formulazione delle accuse. Report invece ha nuovi nemici ogni sette giorni, inscena il bene contro il male, epicizza la battaglia del giornalismo watchdog contro i poteri forti, ma alla fine rischia di perdersi in un mare indistinto di denunce che vengono citate al bar la mattina dopo (e sempre meno) senza lasciare successivamente traccia.

Per non parlare del vero, grande problema. In epoca di complottismi esasperati, talvolta Report ha rischiato di trasformarsi da spina dorsale della battaglia civile di sinistra a grillismo istituzionalizzato in azienda pubblica (come nel caso della famigerata puntata sui vaccini). Che è poi quel che è successo a una parte del pensiero progressista, i cui tratti di anti-americanismo, pauperismo, anti-liberismo, hanno trovato nuova linfa in tutt’altro Movimento.

The Report invece compie il percorso opposto. Cerca di riconnettere – proprio come i farmaci cicatrizzanti che nutrono le cellule destinate a riparare l’abrasione – i lembi del cinema civile nell’epoca del populismo trumpiano. Anche Hollywood, infatti, ha avuto i suoi problemi a ridefinire il cinema liberal in un tempo in cui le élite democratiche spingono sui diritti civili ma appaiono lontani dai drammi sociali e dalle classi disagiate che hanno votato Trump. Un solo rapporto, ma gigantesco. Una sola missione, quella di ristabilire la verità, a costo di mettere in imbarazzo anche Obama e i suoi pur ben intenzionati collaboratori. Il film non è gran che, ma offre sponde davvero intriganti sulla cultura politica statunitense di oggi.