Visioni Riflessioni Passioni

di cinema e di mercato

Spesso escono in libreria studi che dialogano tra di loro, a volte per osmosi di settori disciplinari e di autori (come nel caso che stiamo per illustrare), a volte per semplice coincidenza editoriale. In questo caso riconosciamo una familiarità evidente, e non solo per la compresenza di alcuni nomi, tra i libri Pubblicità e cinema (a cura di Martina Federico e Ruggero Ragonese, Carocci, 21 euro) e Fellini e la pubblicità (a cura di Vanni Codeluppi, Francoangeli, 15 euro).

Cominciamo da quest’ultimo. Si tratta di un interessante proposta di miscellanea di saggi tutti già editi, alcuni dei quali redatti da figure che troviamo anche nell’altro volume (come Ragonese). Nell’agile pubblicazione troviamo anche un brillante contributo di Paolo Fabbri, purtroppo recentemente scomparso, e già autore di studi importanti sul Fellini pubblicitario. Ovviamente non si parla solo degli spot girati dal maestro riminese ma anche del rapporto con la pubblicità dentro i suoi film (“Bevete più latte” ecc.). In generale il volume sfata il mito di un Fellini che odia la televisione (non si interrompe un’emozione) e spiega come Fellini fosse contro gli usi distorti che le televisioni facevano del linguaggio pubblicitario, e che “voleva che questo fosse pienamente rispettato, perché pensava che avesse delle grandi possibilità creative e ci ha lasciato perciò degli esempi di pubblicità che devono essere considerati attentamente anche da parte dei professionisti odierni della comunicazione”.

In Pubblicità e cinema invece i curatori invitano fin da subito a porre attenzione all’ordine dei due termini. Sostanzialmente è un libro di saggi sulla comunicazione e la pubblicità applicato ai rapporti con il grande schermo, sia che si tratti di product placement sia che si tratti di pubblicità incorporate nei film (e narrativizzate), o ancora che si tratti di prodotti mediali apparentati in qualche modo con la dimensione promozionale. In quest’ultimo caso, alcuni di essi possono avere una loro autonomia linguistica ed estetica, come i fashion film, bene indagati in ben due contributi (di Buffo e Spaziante). Gli studi di Martina Federico sui trailer sono il cavallo di battaglia della ricercatrice da tempo, e ottengono qui ulteriore sistemazione, così come il già citato Ragonese offre a più riprese solidi tentativi di sistematizzare semioticamente il rapporto pubblicità/cinema. Forse manca un capitolo a parte dedicato al rapporto tra pubblicità e spazi perimetrali alla sala e al film (dal food merchandising alla cartellonistica, dalle pubblicità in loop negli atri agli spot locali pre-proiezione), ma il testo è assai denso, completo e segna uno spartiacque su un argomento curiosamente ancora inedito.