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CAPIRE LE SERIE TV IN EPOCA POSTMEDIALE

Nel titolo abbiamo artatamente fuso due volumi usciti negli scorsi mesi, entrambi molto interessanti. Si tratta di Capire le serie TV (di Nicola Dusi e Giorgio Grignaffini, uscito per Carocci, euro 21) e di Mondi in serie (di Angela Maiello, uscito per Lucio Pellegrini Editore, euro 16). Sono accomunati dal tentativo di guardare alle serie TV evitando alcune risacche della critica e della teoria contemporanea: la dimensione esclusivamente narratologica, il confronto pigro con il cinema, l’esaltazione delle forme seriali in quanto tali, lo scarso interesse verso i contesti mediali se non nella fruizione, e altri ostacoli abbastanza visibili.

Dusi e Grignaffini lavorano su vari frangenti più recenti e dinamici, tra cui i production studies, le pratiche di scrittura e costruzione, gli adattamenti e le modalità transmediali. Non fanno l’errore di riferirsi a un numero troppo ampio di prodotti, anzi ne utilizzano alcuni di prima mano (come la serie italiana Made in Italy), non per forza artisticamente rilevanti, per svolgere uno studio sui materiali, sulla sceneggiatura, sul montaggio e sui rimaneggiamenti progressivi che il testo affronta – e perché – prima di arrivare allo spettatore vorace delle piattaforme. Ma anche Fargo e Breaking Bad entrano più volte sotto il microscopio degli autori, di volta in volta per indagarne gli effetti cinematici, lo stile o l’intertestualità, particolarmente reticolare e intensificata.

A sua volta, Angela Maiello scarta i luoghi comuni sulle serie TV e si pone la domanda fondamentale: che ruolo hanno nella nostra epoca? La risposta è che sono una forma di adattamento a un ambiente ibrido e molecolare come quello che i media, in epoca “post”, ci propongono ogni giorno. Come fanno a costituirsi come esperienza solida e integrata? Attraverso degli specifici seriali, di cui si comincia a scartare la dimensione “TV” (ormai superata in nome di un’offerta streaming consumabile su diversi dispositivi), e a privilegiare piuttosto altre ragioni: lo spazio, il tempo, la relazione con i media digitali, il rapporto tra mondo rappresentato e mondo dell’autorappresentazione nei social network e così via.

Ciò che intriga nel brillante lavoro di Maiello è l’ostinazione nel collocare la serialità contemporanea nel contesto delle nostre aspettative mediali e narrative, oltre che la capacità di far dialogare due tradizioni solitamente ben separate in bibliografia, ovvero un certo approccio teorico europeo (Bacthin e Ricoeur in particolare) con la ricca letteratura anglofona media studies di questi anni (Bolter/Grusin, Jenkins, Mittell ecc.), filtrata dalla scuola Casetti/Eugeni e dagli studi postmediali più recenti.

Due ottimi volumi con cui ricominciare a parlare di serialità, di cui andrebbe salutata forse una nuova era di analisi.