Visioni Riflessioni Passioni

IL MONDO CHE ABITO (TRA CORPO E CONFINI IDENTITARI)

Come di consueto la rubrica “In poche righe” affronta alcuni film e serie TV attraverso rapidi lampi critico-interpretativi. 

JURASSIC WORLD – IL DOMINIO

Jurassic World - Il Dominio: data di uscita italiana anticipata al 2 giugno

Massacratissimo dalla critica “daily”, difficilmente il film del ritornante Colin Trevorrow potrà trovare riscatti analitici nello slow criticism accademico o teorico. C’è davvero poco in questo terzo episodio della nuova trilogia, e nemmeno il ritorno del cast originale riesce a iniettare quella malinconia postuma presente in Matrix Resurrections o Ghostbusters Legacy. Tuttavia, se cinema epidermico deve essere, che cinema epidermico sia. E allora, staccando il cervello e depositandolo dentro il bicchierone dei pocorn, ecco che si può serenamente sonnecchiare durante le scene di raccordo e godersi un migliaio di inseguimenti uomo/dinosauro con una sorprendente varietà di specie e un ricorso ben riuscito ai cari, vecchi quattro elementi del catastrofico (acqua, aria, terra, fuoco), con una sequenza di mega-locuste incendiate (quindi macro-lucciole horror) niente male. Robetta, sia chiaro. Ma rispetto a Godzilla vs. Kong sembra Cecil B. De Mille.

ALCARRÀS

Alcarràs (2022) | MUBI

La storia degli Orsi d’oro a Berlino è quanto meno altalenante. Ma Alcarràs (nome del paesino in Catalogna dove si svolge il film) è meritevole di essere ricordato. Immaginato come una lenta esplorazione di una famiglia in difficoltà, prima ancora che come opera di denuncia, l’opera seconda di Carla Simón vince sostanzialmente di regia. Se il conflitto tra radici e progresso, tradizioni e macchine, conduzione generazionale e speculazione rischia di essere schematica (anche se ha poi delle sfumature assai meno prevedibili del previsto), è nella costruzione di questo mondo contadino e al tempo stesso ultra-vitalistico che il film vince la scommessa. Come in Carpignano, come spesso in Rohrwacher, come in altri cineasti del “naturalismo formalizzato” la messinscena implacabile e controllatissima permette di regolare e scardinare il binomio realismo/cinema spontaneo che ancora oggi grava su molte estetiche e che impigrisce l’immaginario sociale.

LA DOPPIA VITA DI MAEDELINE COLLINS

La doppia vita di Madeleine Collins di Antoine Barraud: la recensione - iO  Donna

Non si può dire che gli ultimi due mesi non siano stati generosi (distributivamente) per il cinema francese in Italia. Con La doppia vita di Madeleine Collins Antoine Barraud lavora su temi falsamente hitchcockiani (come si potrà capire vedendolo) per costruire un bel ritratto di donna psicologicamente scissa. Presentato alle Giornate degli Autori 2021, e passato inevitabilmente in sordina vista la quantità di proiezioni di un festival come Venezia, è il classico film che si deve scavare un momento di calma per essere sorbito senza fretta. Non ci troviamo certo di fronte a un capolavoro, ma la struttura è davvero intrigante e se siete – come il sottoscritto – attratti in maniera irresistibile da Virginie Efira, scoprirete anche che di titolo in titolo questa brillante interprete si sta costruendo una strana “narrazione attoriale” dove i vari ruoli parlano tra loro e si mettono in relazioni impreviste.

FRESH

Fresh è una splendida sorpresa su Disney+, ma non è facile da digerire (ah  ah)

Le vie dell’horror sono sempre più impervie. E il genere streaming horror con venature di impegno civile (black o femminista) sta pericolosamente diventando formulaico già in pochi anni. Ma bisogna concedere a Mimi Cave un certo gusto nel dosaggio. In questa storia di rapimento, cattività e psicopatologia, l’ironia saetta qua e là tendendo una corda ben tirata tra il rischio di grottesco buttato via e di raccapriccio torture porn (tenuto molto, ma molto, a bada). Non si può raccontare molto se non rovinando la vicenda, a base di cibo e sangue. Per cui ci basti elogiare il lavoro fotografico che densifica la materia e la bravura dei due protagonisti. Sebastian Stan offre un’evoluzione schizofrenica ed estrema al personaggio di adorabile cazzone di Pam & Tommy mentre la deliziosa Daisy Edgar-Jones mantiene una sua aristocratica intelligenza anche nei momenti da scream girl per poi imporsi su tutta la linea. Da non guardare appena prima di cena.

RUE GARIBALDI

Rue Garibaldi», tra precariato e immigrazione - Collettiva

Vincitore della sezione Documentari al Festival di Torino 2021, auto-prodotto e auto-distribuito, il film di Federico Francione merita di essere inseguito laddove sia possibile recuperarlo in un modo o in un altro. Frutto di un’intensa e non invisibile osservazione partecipata, il doc racconta Ines e Rafik, origini tunisine e scuole siciliane, fratello e sorella alle prese con una nuova vita nella periferia di Parigi. La ricerca del lavoro e la vita domestica sono i due perni intorno ai quali si snoda la loro esistenza, raccontata da Francione in tutta la fragilità dei due protagonisti. Seguendo il continuo flusso di euforie e disforie, intervallate da riflessioni su di sé e sulla società occidentale europea legata alla precarizzazione generazionale, l’autore trasforma in esemplari due situazioni soggettive. E ottiene di sfiorare temi molto più grandi, non rinunciando a esibire il mezzo cinematografico come regolatore di esperienze e soggetto “terzo” rispetto all’universo a due costruito da giovani sospesi tra i continenti e le nazioni.