Ripubblico qui una breve introduzione scritta per lo speciale Casanova di Federico Fellini n. 81, 2017.
Per chi insegna la storia e la cultura cinematografica alle giovani matricole dei corsi di studio universitari, la sfida su Fellini è sempre suggestiva. Si tocca con mano quanto i titoli del cineasta riminese siano rinomati, e quanto il suo nome appaia famigliare. Purtroppo quando parliamo di titoli, non intendiamo i film, ma proprio…i titoli. Oltre ad aver sentito nominare La dolce vita oppure 8 ½ i discenti – ovviamente con le dovute eccezioni – non conoscono nulla dei contenuti ed è molto raro che abbiano visto anche solo poche immagini dei lungometraggi di cui si parla. Si dirà: vale per molti altri mezzi espressivi, purtroppo, e per molte altri artisti. È vero, se si escludono quelli che – sia pur magari con risultati contraddittori – vengono considerati obbligatori per conoscere l’identità italiana a scuola, e qui dovremmo tornare all’annosa questione del cinema nei licei e alla necessità di tramandare la nostra eccellenza artistica del Novecento.
Tuttavia, anche solo limitandoci al nostro caso, non tutti i mali vengono per nuocere. Quando si comincia a lavorare su Federico Fellini di fronte a una platea in maggioranza ignara, ecco che in molti casi scocca la scintilla, i film cominciano a parlare direttamente e potentemente all’ascolto dello studente, l’universo felliniano conquista lentamente la curiosità e lo stupore dei ragazzi, e alcune opere opportunamente analizzate offrono inaspettati risultati didattici. Insomma, Fellini è pienamente in grado, cono o senza la mediazione di un docente, di farsi capire dalla generazione dei millennials, che sono pronti a indovinarne la sensibilità artistica e a trovargli un posto tra i grandi creatori di forme artistiche e iconografiche della nostra modernità.
In questo senso, il Casanova – indipendentemente dal posto in classifica che vogliamo trovargli nella filmografia felliniana – diventa quasi il film-catalogo del suo cinema, e soprattutto un’opera aperta che rappresenta la sfida più importante per qualsiasi professore: far comprendere come il cinema sia di per sé un’arte sintetica (che sedimenta, introduce e sfrutta tutti gli altri mezzi) e un’arte che rimette in circolo la cultura cui attinge. Non c’è aspetto – tra letteratura, scienza, meccanica, teatro, arti figurative, musica, moda, architettura, arredamento, danza, performance, cosmetica ecc. – che non attraversi Il Casanova in una vorticosa giostra di arti maggiori e arti minori in costante mélange estetico, tutte guidate dalla personalità fortissima e poliedrica di un regista demiurgo che fa i conti con le proprie ossessioni, individuandone i tratti in uno dei personaggi-archetipo dell’uomo italiano.
Se abbiamo insistito sugli studenti, è perché solo nel progetto di una nuova divulgazione felliniana presso le generazioni contemporanee possiamo immaginare come il repertorio del regista possa ancora radicarsi nel tessuto identitario nazionale. Di solito, nella pedagogia anglosassone, si definiscono useful films quelle opere che hanno contenuti spendibili per il dibattito scolastico o per l’approfondimento di temi pubblici, legati in qualche modo alla società contemporanea. Nessuno, nei paesi succitati, considererebbe Casanova come un “film utile” per parlare dell’agenda dei temi sociali (di solito: migrazione, minoranze, ecologia, ecc.). Ma se invece invertiamo il cannocchiale, ci accorgiamo che niente come il Casanova può fungere per noi italiani come uno useful film, perché mette in gioco le nostre radici letterarie e culturali, e affronta (certo, magari in modi adulti e poco adatti a un contesto di discenti più piccoli) un ventaglio istoriato di emozioni, sentimenti, decadenze e contraddizioni del tutto universali e sincere, che un bravo e sensibile docente può trasformare in straordinaria potenzialità formativa.
Insomma, se Casanova ci offre un’idea di cinema come catalogo, la proposta è quella di non guardare al film come all’opera chiusa, tormentata, visionaria, inattingibile del suo autore, bensì a un laboratorio di idee e a uno scrigno artistico dove tutti abbiamo la libertà di mettere le mani, chi trovandoci uno strumento chi un altro, facendo “esplodere” la galassia felliniana fino ai più reconditi lidi e facendolo arrivare agli spettatori apparentemente meno vicini.