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CONFINI, SOGLIE, STECCATI TRA CINEMA E GENERI

Come di consueto la rubrica “In poche righe” affronta alcuni film e serie TV attraverso rapidi lampi critico-interpretativi.  

GREEN BORDER

Ci vuole una piccola, ma essenziale, preparazione geopolitica per comprendere ciò che accade al confine tra Bielorussia e Polonia, e il perché della beffa finale rispetto ai profughi ucraini. Ma è l’unico ostacolo di un film il cui difetto principale è proprio il contrario, ovvero un didascalismo di fondo faticosamente nascosto tra i rami e le fronde del bosco di confine. Ammirevole, giusto, forte, il discorso di Holland dimentica però di trovare una chiave stilistica, affidando al bianco e nero e alla camera a mano sia l’estetizzazione sia il “morso di realtà” rispetto all’inumano trattamento dei migranti in Europa. Più interessante la scansione in capitoli, sorta di polifonia romanzesca dove si mescolano i punti di vista, a costo di dimenticare per strada qualche personaggio per troppo tempo. In ogni caso un peccato la scarsa promozione, con conseguente insuccesso in sala.

UNA BUGIA PER DUE

L’antipatica sentenza sarebbe la solita: “un tipo di film che in Italia non sappiamo fare”. Quale tipo di film? Una commedia di sceneggiatura a fior d’acqua che, come nella canzone leggerissima di Colapesce/Di Martino, in verità contiene un’estrema malinconia. Ed esamina un bel pezzo di società francese, con tutti i suoi stereotipi e tutto l’opportunismo che il lavoro contemporaneo suggerisce. Il giovane avvocato che approfitta di una malattia (che in verità non ha) per fare carriera sarebbe stata feroce se monicelliana, ma funziona lo stesso anche graffiando senza infierire.

HOW TO HAVE SEX

Per motivi distributivi (esordio di una giovane regista inglese, marchio MUBI, storia ambientata in un non-luogo vacanziero) il film di Molly Manning Walker rischia di essere confinato al confronto (in perdita) con Aftersun. Evitando i paragoni, invece, il coming-of-age di tre adolescenti di periferia nel tipico “macello ormonale” di Creta, pur sembrando un po’ programmatico – anche nell’ossimorica costruzione dell’autenticità – via via si complica, si annerisce, sfugge al rischio di cinemino a tesi. Ed esplora i confini della sessualità e del consenso con una precisione che ammette le sfumature e rinuncia al pedagogismo di moda oggi.

UPON ENTRY

Cinema della claustrofobia (che poi diventa esteticamente claustrofilia), assai cinefilo per come valorizza il budget lillipuziano e per come fa circolare aria da B movie pur di denuncia. Il film-interrogatorio non è cosa nuova (da Guardato a vista di Miller a Una pura formalità di Tornatore) ma qui ci si smarca sia dal noir sia dal racconto metafisico della notte buia e tempestosa. Il racconto ambientato nel confine aeroportuale diventa politico, le domande ribaltano identità culturali e identificazioni psicologiche, in 77 minuti tiratissimi che fanno bene allo spettatore.

LE AVVENTURE DEL PICCOLO NICOLAS

Terzo film della serie di Nicolas, spesso un po’ snobbato anche dagli esperti di animazione per la sua fin troppo impalpabile raffinatezza e per l’indirizzo apertamente infantile. Questo sequel, però, è una sorpresa: pur mantenendo toni e timbri lievi, riesce nell’impresa di non rendere indigesto l’impianto meta-narrativo dei due creatori che dialogano con il proprio personaggio. Anzi, tutto diventa più sorprendente (e graficamente vario), permettendo persino ai traumi della storia francese di fare capolino, tra infanzie perdute, infanzie nostalgiche e infanzie da costruire.

TE L’AVEVO DETTO

Perché tanto odio? Si rimane basiti di fronte alle umiliazioni che Ginevra Elkann fa subire ai suoi personaggi femminili. Questione di gusti, per carità, ma deformare Valeria Bruni Tedeschi e Valeria Golino fino al sordido funzionerebbe se ci fosse un progetto di sovversione freak del nostro cinema d’autore. Invece è solo un’altra ondata di calore (dopo quella di Siccità) buona per intrecciare episodiche vicende di persone infelici, scontente o più facilmente patologiche. Progetto incomprensibile, e del resto rifiutato in blocco dal pubblico.

TUTTI TRANNE TE

Nessuno lo ha visto arrivare, il successo di questa rom com. Cui diamo il bentornato, visto lo stato di crisi (o di coma) del genere. Non che ci sia da strapparsi i capelli dalla gioia, visto l’esito. Si tratta di un cine-bacio di San Valentino dove due attori non particolarmente dotati – se non di bellezza – danno vita a una specie di strano ibrido tra Nora Ephron e Tempation Island. Buone notizie ce ne sono poche, forse l’unica è proprio il fatto che la commedia romantica torni in sala e abbandoni il triste declino dello streaming usa e getta. Tuttavia, cercansi sceneggiatori in gamba e soprattutto interpreti che valgano almeno un’unghia di Meg Ryan, Julia Roberts, Hugh Grant, Tom Hanks, Billy Crystal.