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LO SPETTATORE INTERESSATO

Gli Incontri del Cinema d’Essai di Mantova (che si sono tenuti dal 3 al 6 ottobre) rappresentano ogni anno il termometro più interessante del comparto “cinema di qualità”, per la capacità di attrarre esercenti da tutta Italia e distributori, per lo più indipendenti, desiderosi di trovare una loro strada (palmo a palmo) nella difficile situazione degli schermi nazionali.

Gli inviati stampa e gli studiosi (il sottoscritto compreso) vengono visti al tempo stesso con stima e con sospetto, e fioccano espressioni come “e tu? che cosa ci fai qui?”, tanto l’appuntamento è sentito come eminentemente professionale. E in effetti alcune anteprime sono interdette alla stampa, per mantenere il segreto (di Pulcinella, a dire il vero) su certi film e colloquiare principalmente in una situazione che potrebbe essere definita quasi di B2B.

Se usciamo, però, dal rispetto territoriale dei singoli ambiti, c’è qualcosa di assai più interessante da notare, e anche affascinante. Nei panni di un esercente (che spesso è anche un cinefilo), il giudizio su un film parte sicuramente da una collocazione di gusto (è bello, è brutto, è intenso, è noioso….) ma contemporaneamente assume anche una connotazione utilitaristica (piacerà al mio pubblico o no?). Lo sguardo sullo schermo è duplice: da una parte la normale adesione di uno spettatore in sala con le sue emozioni, dall’altra la vigile attenzione alle potenzialità dell’opera – non solo in generale, ma anche in rapporto a pubblici che differiscono di sala in sala, di città in città, di zona in zona, a seconda del lavoro che un cinema ha compiuto nei confronti della sua audience (anagrafica, sociale e culturale).

C’è poi un nucleo ancora più radicale di professionisti che, approfittando della simultaneità degli spettacoli (esattamente come ai festival), si muove rapidamente da una sala all’altra vedendo solo pezzi di film. In questo caso, a prevalere è il secondo atteggiamento, quello più commerciale, e l’ambizione è quella di comprendere in 20-30 minuti la forza attrattiva del titolo in questione. Ecco perché il critico o lo studioso, abituati a cominciare da una visione integrale dell’opera per poi scomporla in successive analisi, rimangono sorpresi dall’incessante viavai del pubblico davanti allo schermo, in qualsiasi momento della proiezione.

Al di là di queste note leggere e vagamente antropologiche, per chi studia il settore e lavora sui film al di fuori della filiera è comunque importante accedere ad appuntamenti come quelli di Mantova: è lì che si tocca con mano il “lavoro” del cinema, e dove il mondo astratto delle idee viene a contatto con l’industria e i professionisti (oltre che con le bistrattate associazioni di categoria, che invece stanno lavorando bene per capire analiticamente dati e comportamenti del pubblico: le soluzioni non sono facili e criticarle a ogni piè sospinto un giochino molto semplice). E, a differenza di Ciné, la concentrazione sul circuito d’essai apre ancora di più gli occhi su limiti e potenzialità sul peso del cinema d’autore distribuito oggi in Italia.