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COLONNE DI CRITICA

Con colpevole ritardo parlo di un volume che mi è molto caro e che l’autore ha avuto la gentilezza di scrivere includendomi in alcune sue parti antologiche. Si tratta di Il cinema tra le colonne di Denis Lotti (Rubbettino Editore, 14 euro) ed è uno dei contributi più lucidi e comprensibili sulla critica cinematografica che siano usciti negli ultimi anni (e mi includo tra quelli che giungono più indietro, rispetto a Lotti, in questa classifica della chiarezza).

Come al solito, il volume lo facciamo presentare dai materiali editoriali virgolettati: “Da almeno un secolo, in Italia, coesistono esperienze eterogenee di critica cinematografica, che disegnano un percorso discontinuo tra passato e presente, tra stampa cartacea e Internet. Dopo un compendio di storia della critica, rivisitata dai pionieri sino ai giorni nostri, l’autore analizza metodi, forme e stili della recensione cinematografica prendendo in esame un ampio ventaglio di quotidiani, periodici, testate, blog e social network. In appendice è presente una antologia di testi scelti, esemplari della vivacità del dibattito italiano sul cinema dall’epoca del muto sino a oggi”.

Piace, del libro, la capacità di interconnettere i momenti della storia della critica cercando di farli dialogare e non per forza privilegiando la discontinuità e gli strappi rispetto al quadro generale. Forse è la forma mentis da storiografo e ricercatore (attento ai documenti più che alle speculazioni identitarie) dell’autore che distingue Il cinema tra le colonne da altri testi sulla critica, talvolta molto teorici o più versati sulla dimensione memoriale e manualistica (o meglio precettistica). L’esemplificazione antologica funziona a sua volta molto bene, ma è soprattutto nella ricostruzione del percorso della critica negli anni che il libro convince e appassiona, mantenendo la promessa del sottotitolo, ovvero spiegare “storia, metodi e luoghi” di questa tanto analizzata istituzione oggi assai fluida.

Pur essendo ben consapevoli che agli studiosi non è richiesto di amare il proprio oggetto di studio (che anzi talvolta è meglio maneggiare da amico o conoscente non stretto), si vede che Lotti vuole bene alla critica e alla sua storia. In questo caso, non nuoce affatto.