Con Cuore e acciaio. Le arti marziali al cinema (Bietti, 18 euro) Mauro Gervasini realizza uno di quei libri di cui sentiamo sempre più il bisogno: ovvero un libro che non somiglia a nessun altro. Niente a che vedere con le storie del cinema di genere o con i dizionari cult. Qui l’autore parte da una personale conoscenza (e passione) delle pratiche orientali, che si affianca alla competenza cinematografica (sulla quale non ha bisogno di presentazioni), e sfocia in una personale rilettura del rapporto “budo e cinema”. Del resto, ci ricorda la quarta di copertina, ” stili di combattimento come la capoeira brasiliana e il taekkyeon coreano (antenato del taekwondo) vengono inseriti nella lista Unesco dei patrimoni orali e immateriali dell’umanità.
Grazie a questo approccio – vige l’io narrante, usato in modo confidenziale ma mai stucchevole – Gervasini attraversa con una certa libertà, e con un metodo al tempo stesso affidabile e impalpabile, film orientali e occidentali, da Kurosawa a Tarantino, da Bruce Lee a Jackie Chan, ogni volta confrontando pertinenza tecnica del gesto marziale con le qualità cinematografiche. Ed è interessante come, al di là di quella che potrebbe sembrare una “fissazione” del saggista, alla fine emerga un metodo critico. Sì, perché in fondo Gervasini ci insegna a guardare, in tutti i sensi, ovvero a dare un peso estetico a certe cose e non ad altre, in una filmografia dove il rispetto della tradizione e le sue reinvenzioni contano più di una scena girata maluccio o di un attore poco carismatico. Insomma, una goduria.
Abbiamo lo spazio e il piacere, poi, di citare anche due volumi della benemerita casa editrice Kaplan – sempre preziosa quanto a titoli inconsueti legati alla cultura cinematografica Il primo è Il destino impresso. Per una teoria della destinalità nel cinema (25 euro), di Bruno Surace, dove l’autore riporta in auge un approccio semiotico che – almeno per il cinema – sembrava in soffitta da anni. E invece, con la flessibilità teorica di chi ne sa, Surace ci accompagna nell’ermetico mondo della “destinalità” con idee ferrate e interpretazioni acute. Altrettanto complesso, ed elegante, il libro di Stefania Rimini (Every Body Needs Some Body… Figure del desiderio e linguaggi della visione, 15 euro), in cui l’autrice affronta autori come Jarman, Satrapi, Fassbinder e altri per raccontarci soggettività eccedenti, corpi non programmati, performatività irregolari e ne analizza il linguaggio espressivo con evidente lucidità.