Ubriacati da Netflix e Amazon, ora fors’anche da Disney e Apple, stiamo un po’ dimenticando HBO, come se fosse ormai un marchio superato dagli eventi (eppure, fino a pochi mesi fa, Game of Thrones cambiava la storia della televisione). In verità non sono i prodotti “blockbuster” a interessarci di più, quanto quelli più immersivi.
Un confronto interessante si potrebbe fare per esempio tra Big Little Lies e Euphoria. Nel primo caso (e al di là di una seconda stagione dai grandi problemi post-produttivi) la vicenda viene narrata attraverso un lavoro di montaggio incessante, dove a momenti puramente – e volontariamente – sentimentalisti ottenuti attraverso forme fotografiche seducenti e una selezione musicale eccezionale, sono stati giustapposte immagini rapidissime, quasi subliminali, in forma di flashback o flashforward. Una roba apparentemente irritantissima, cara del resto anche al cinema di Jean-Marc Vallée, che invece funzionava alla grande proprio in versione estesa, nel contesto di una soap di lusso con omicidi e temi sensibili.
Il montaggio è protagonista anche di Euphoria. A dire la verità questa serie andrebbe più opportunamente analizzata in senso contenutistisco, per dare una risposta alla sessualità rappresentata, alla visione dell’adolescenza estrema, e alla presenza maniacale di peni eretti come contrappunto di qualsiasi sviluppo relazionale. Ma non avendo tempo né voglia di lavorare su questo aspetto, Euphoria ci interessa principalmente per l’approccio ad assorbimento intensivo dello stile. Il montaggio, a dir poco frenetico, è l’operatore narrativo principale, il responsabile assoluto della costruzione di mondo che prende forma di fronte ai nostri occhi, anche grazie a una disponibilità quasi scandalosa allo spreco (in tal senso un buon esempio potrebbe essere l’episodio 3, dove ricche sotto-storie sono narrate attraverso scene rapide che “scialano” interi set per una semplice manciata di secondi, compresa la sequenza onirica in stile GoT, molto divertente).
Una possibile spiegazione è che HBO stia lavorando su prodotti intensificati, dove l’esperienza di visione quasi aptica e la forza dei temi narrati costituiscono il corrispettivo di una promessa emotiva, se non di una linea editoriale, mentre i servizi streaming si stanno divorando, con i formati e le storie, la fetta teen degli spettatori. Insomma, tutta una questione di stile? Presto per dirlo, ma vedere Big Little Lies o Euphoria su un televisore degno di questo nome, ad alta definizione e con un buon sound, è un’esperienza sensoriale difficile da ignorare. It’s not HBO, it’s HBO experience.