Come di consueto la rubrica “In poche righe” affronta alcuni film e serie TV attraverso rapidi lampi critico-interpretativi.
BLACK PANTHER: WAKANDA FOREVER
Una buona notizia c’è: è finita l’orrenda fase 4 della Marvel, che verrà ricordata come il regno della confusione progettuale. E si chiude con un film altrettanto caotico, pur se apparentemente unificato dall’afro-estetica (che puzza di appropriazione culturale tanto quanto altri prodotti più discussi). Per il resto, la sostituzione di Boseman è pigra e prevedibile, il cattivo un Aquaman a rovescio, l’enfasi subacquea messa lì per lanciare Avatar 2 e la de-colonizzazione un washing aziendale imbarazzante (con finale reazionario). Da dimenticare in fretta, a meno di prenderla come passerella di 160 minuti per i magnifici costumi di Ruth Carter, un film nel film.
BARBARIAN
Piccolo caso horror del dopo-estate americana, arriva su Disney+ da noi un po’ in sordina. Con una certa condiscendenza, si possono apprezzare alcune cose: il roller coaster narrativo, con un gioco in contropiede sulle aspettative identitarie – decisamente riuscito nella prima parte; una qualche spudoratezza nel progetto, senza troppa paura dei rischi di ridicolo; il ritorno di facce come Justin Long (e come il personaggio riequilibra il dominio di genere). Pochino? Nella gravissima crisi dell’horror contemporaneo ci si accontenta.
ARGENTINA 1985
Il dilemma della critica di fronte a questi film si ripresenta come il sangue di San Gennaro. Chi potrebbe voler male a un vibrante racconto (su Prime Video) del processo che inchiodò i generali della dittatura argentina negli anni Ottanta? Chi siamo noi per vare le pulci a qualsiasi cosa giri Ricardo Darín? Eppure, il dritto per dritto non concede nulla a un cinema mai meno che frontale e didattico. Insomma, siamo lontani dalla reinvenzione del cinema civile di No – I giorni dell’arcobaleno.
NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE
Non so se, senza 1917, sarebbe tornata in auge la Prima Guerra mondiale nei film contemporanei. Certo che tornare a Remarque non è una cattiva idea, anche solo per ricordare che là dentro c’era già tutto. La trasposizione nell’epoca dello streaming (Netflix) tuttavia non giustifica gran che il ricorso al modello, mancando di qualsiasi pensiero profondo sul conflitto. Grazie al parossismo e a ottime scene di battaglia (specie negli spazi stretti della trincea) si resta comunque ammirati.
CAUSEWAY
A dimostrazione che lo streaming (Apple+ in questo caso) sta assorbendo distributivamente anche l’indie-cinema americano, ecco un classico Sundance-movie dove si parla molto e si osservano micro trasformazioni psicologiche nel rapporto tra due personaggi ai limiti della società. Detta così sembra deludente, e invece il minimalismo funziona sempre quando è acuto, sottile e critico. Jennifer Lawrence e soprattutto Brian Tyree Henry sono superlativi, ma basterebbe la scena del colloquio in carcere per volere bene al film di Lila Neugebauer.
IL PIACERE E TUTTO MIO
Non so se disperarmi perché nel 2022 c’è bisogno di un film del genere per spettatori con seri problemi di progresso sociale, o perché nel 2022 il cinema d’essai pensa che ci sia bisogno di un film del genere (anche se siamo di fronte a una specie di algoritmo per audience mature di chiara motivazione commerciale). Per fortuna c’è Emma Thompson, che è una specie di filtro per l’aria del cinefilo: tutto ciò che di ipocrita, retorico, finto coraggioso, salottiero, anti-cinematico, conservatore passa per il suo volto e il suo corpo, ne esce pulito, riscaldato, umanizzato e più stimolante. Brava lei.
PIOVE
Risposta da horror indipendente a Siccità. Dentro il mondo di Virzì non piove mai, in un paesaggio urbano assolato e spopolato, dove tutti si odiano ma sprazzi di umanità si ricostruiscono tra sconfitti dalla vita; qui piove sempre, tutti si odiano lo stesso ma almeno passano ai fatti, con una versione splatter della litigiosità da social. Strippoli continua nel suo tentativo di trovare uno spazio di sangue e una consapevolezza di genere nel cinema italiano; e ci riesce a singhiozzi. Rongione alza il livello del cast.
UN ANNO, UNA NOTTE
Come fare cinematograficamente i conti con la strage del Bataclan? Raccontando sprazzi della vita di un paio di sopravvissuti. Ovviamente la curiosità un po’ morbosa dello spettatore è più che altro concentrata su quando arriveranno i flash-back del massacro, che ci sono e sono intelligentemente giocati sulla paura e sul fuoricampo, piuttosto che sulle atrocità. La questione della rielaborazione sentimentale e psicologica, invece, somiglia a tantissime altre, col pilota automatico del film d’autore: inquadrature strette e introspezione assicurata.